Questa pagina contiene spunti, appunti, riferimenti a video, non ancora (e forse mai) un testo organico.

Premesse
La scuola si deve trasformare
- da istituto di insegnamento ad alta prevedibilità e bassa flessibilità, destinato per definizione a selezionare, a "scartare", chi non si adegua;
- ad ambiente di apprendimento ad alta flessibilità, in grado di valutare e di riorientare.

Credo all'idea del recupero socio-culturale su base cooperativa, di apprendimento in comunità.

Penso sia possibile avviare a scuola una sorta di acculturazione di massa, sostenibile e proponibile anche a coloro che nei primi anni di scuola hanno raggiunto risultati mediocri, come la media e la moda degli studenti del biennio iniziale del professionale.

Cos'è uno sfigato, a scuola? Il prodotto di scarto della scuola dell'adeguamento, ma anche il prodotto inconsapevole della cultura di massa, nelle sue diverse articolazioni.

Prima di procedere con la riflessione, iI lettore può dilettarsi con qualche video, che documenta quali sono state e quali sono le immagini sociali della scuola.



Il "decalogo"

Propongo quindi una sorta di Decalogo dell'insegnante che si rivolge agli sfigati del terzo millennio, ancora un po' grezzo, oltre che estremamente sintetico e bisognoso di esemplificazioni, su cui vorrei che ci avviasse un confronto:

1. assumere che il recupero dell'intenzione di apprendere è l'obiettivo strategico dell'insegnamento, non l'eccezione;

2. assumere che tale recupero va declinato soprattutto in termini di competenze logico‐comunicative associate alla riscoperta della fiducia in se stessi;

3. proporre agli allievi attività alla loro portata, che valorizzino quello che sanno fare, anziché rimarcare quello che non sanno fare;

4. adottare una prospettiva "ricorsiva" sul modello di Ausubel ed abbandonare qualsiasi retaggio di "stadialità" piagettiana; in particolare centrarsi sulla possibilità di affrontare i medesimi "contenuti" cognitivi più volte, a livelli diversi di complessità (della prestazione, dei materiali, del contesto in cui spendere le proprie competenze);

5. adottare una prospettiva prevalentemente funzionalista, simile a quella della educazione degli adulti;

6. adottare un'impostazione di costruttivismo sociale "estremo", facendo della "zona di sviluppo prossimale" costituita dal lavoro di gruppo, dal confronto tra pari e così via, lo zoccolo di garanzia dell'innesco di ogni attività di elaborazione; tutti possono fare tutto ciò che viene proposto, a patto che l'avvio, la progettazione e la strutturazione siano compiti assolti collettivamente; a ciascuno verrà chiesta una propria elaborazione personale a conclusione del percorso, ma mai nessuno deve essere lasciato solo di fronte al suo foglio/libro ecc.; la classe è una comunità che apprende e lo sa, lo sfrutta;

7. valorizzare (ed accettare...) il fatto che le capacità critiche, l'arricchimento del linguaggio, la riflessione possono crescere pure dando "senso" (anche estetico e scientifico) alla cultura di massa (dai best‐seller al cinema, alla tv ed alle canzoni di consumo, ai pregiudizi sociali e pseudoscientifici) e non dipendono in modo assoluto ed esclusivo dalla cultura "alta";

8. condurre progressivamente gli studenti alla "culturalizzazione" ed alla "concettualizzazione" delle proprie esperienze socio‐culturali, attraverso il confronto ed il dibattito;

9. valorizzare ed esplicitare gli aspetti procedurali e condivisi dell'elaborazione cognitiva;

10. apprezzare il pensiero convergente, quando questo segnali inclusione, partecipazione, comprensione.

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