Eventi
digitali – di Marco
Guastavigna, pubblicato su Insegnare, 1-2008
In un
articolo della scorsa annata di questa rubrica ho cercato di dare alcune
indicazioni su come rendere maggiormente sostenibili[1]
per gli astanti attraverso l’uso delle diapositive elettroniche gli interventi
in pubblico. Ad essere sincero, da quella data ho per altro continuato ad
imbattermi, anche in troppi convegni della nostra associazione, in relatori che
ritengono di assolvere perfettamente il loro compito -fornire all’uditorio occasioni nell’immediato
di stimolo e di dibattito e a lungo termine di riflessione e di rielaborazione
personale dei temi affrontati- mediante la lettura ad alta voce di testi
scritti.
Questa modalità,
a mio giudizio, centra la comunicazione sull’emittente e non tiene in alcun
conto le esigenze di coloro che ascoltano. Se in una discussione sulla cultura
e sulla didattica, infatti, i relatori adottano ritmo, prosodia, sintassi e
assenza di ridondanze tipici dei testi espositivi ed argomentativi scritti, il
pubblico rischia di subire se non altro per accumulo, una densità concettuale insostenibile,
cosa che tendenzialmente non avviene a fronte di interventi “a braccio”
sostenuti da diapositive, che associano a spontaneità, interattività,
spontaneità tipiche del parlato “autentico” il rigore della scaletta visiva.
Nonostante
questa constatazione, e nonostante il fatto che ancora di recente mi sia
capitato di dover ascoltare – in un’occasione istituzionale di riflessione sul
valore innovativo delle tecnologie della società dell’informazione – un
relatore che parlava mentre un suo sottoposto faceva scorrere le diapositive
manovrando in sua vece il computer, voglio essere ottimista e continuare a
pensare che sia diffusa la volontà di utilizzare in modo diretto e consapevole
le potenzialità comunicative indubbiamente possedute dalle tecnologie digitali
attuali.
Esposizioni documentate
L’ottimismo
della volontà mi fa quindi ipotizzare uno scenario in cui la gran parte dei
relatori, nelle conferenze, nei convegni e nelle occasioni di formazione
intensiva, utilizzino le diapositive elettroniche (vent’anni dopo i lucidi per
lavagna luminosa…) per, come già detto, sostenere
la propria esposizione e di
conseguenza definire un preciso patto
comunicativo con il pubblico - e non già per mettere in campo effetti
speciali ripetitivi o inguardabili orpelli esornativi, come sostiene sia utile
e addirittura necessario fare una desolante vulgata molto in voga nei corsi di
formazione a vocazione addestrativa disseminati, ahimè, nelle nostre scuole.
Questa
scelta può innescare, considerate le potenzialità attuali delle tecnologie digitali,
un circolo virtuoso che può andare
ben al di là del semplice singolo evento comunicativo, ovvero del momento il
cui il nostro relatore espone le sue slide al pubblico presente. Non è affatto
banale che quest’ultimo possa ricevere, a titolo di documentazione, nella cartellina dell’iniziativa, copia su carta
delle diapositive e/o anche il file delle diapositive stesse. Coloro che hanno
assistito all’esposizione potranno facilmente ricostruire i punti essenziali
del ragionamento, per approfondirlo, criticarlo e così via semplicemente
riprendendo in mano le slide. Questa
possibilità arricchisce di significato gli interventi e semplifica il rapporto
con il pubblico ed è quindi bene che i potenziali relatori ne siano consapevoli
fin dal momento della progettazione della loro esposizione, dal momento che ne
può costituire parte integrante.
Il solo
problema davvero importante è la definizione
dei diritti d’autore: il relatore deve decidere se pretendere il rispetto
del copyright tradizionale relativamente alle sue elaborazioni (e in questo
caso non dovrà dare alcuna indicazione) o se applicare altri possibili e
diversi tipi di “licenze”, secondo il modello del copyleft, del contenuto aperto (e in questo caso sarà necessario scrivere
sui materiali forniti le condizioni di utilizzo e di eventuale riproduzione[2]).
Documentazione permanente
Aver
realizzato diapositive in formato digitale permette anche di utilizzare come deposito dei materiali la
rete. Anziché fornire il file all’uditorio, si può così invitarlo a
scaricare le diapositive da Internet, semplicemente indicando l’indirizzo dove
effettuare questa operazione. Anche in questo caso sarà bene scrivere le condizioni
di impiego del materiale. È mia esperienza personale che è molto utile
annunciare questa possibilità all’inizio dell’intervento, soprattutto quando la
tematica si annunci densa: il pubblico si rilassa perché sa da subito che
disporrà in modo integrale del “filo del discorso”, delle frasi-chiave, e la
comunicazione si fa molto più facile e lineare e viene valorizzata.
Un’altra
possibilità di uso di Internet è trasformare
le diapositive in una pagina web. Tutti i software per l’elaborazione di
slide consentono questo passaggio di formato; è solo necessario seguire alcuni
accorgimenti[3]. In
questo caso si dovrà indicare al pubblico l’indirizzo dove visualizzare il materiale
prodotto dopo averlo collocato su Internet. Vi è però una soluzione più rapida,
che dà maggiori garanzie di funzionamento e, soprattutto, può essere utilizzata
da coloro che non dispongono di un proprio sito o in ogni caso di uno “spazio
web” – una parte del disco rigido di un computer remoto (“server”), sempre
acceso e collegato perennemente alla rete “in lettura”. Sto parlando di “Google
documenti”, un servizio attualmente gratuito fornito dal più famoso motore di
ricerca: iscrivendoci al servizio, infatti, disporremo all’interno del nostro
browser (programma di navigazione sulla rete) di un ambiente di elaborazione
molto semplice, potente ed evoluto, con il quale potremo, appunto, scrivere
documenti ma anche realizzare diapositive elettroniche di ottima qualità. I
vantaggi di questa modalità sono numerosi. Oltre al fatto ovvio -ma tutt’altro
che banale- che avremo il nostro file disponibile dovunque sia attiva una
connessione a Internet, senza dover portare alcunché con noi, potremo
pubblicare le nostre diapositive sul Web direttamente in questo spazio e successivamente
comunicare al pubblico l’indirizzo che ci verrà indicato alla fine della
produzione. Inoltre potremo decidere di caricare in questo spazio anche
materiali già realizzati, per estendere questa possibilità di pubblicazione
semplificata anche al nostro lavoro precedente, ma anche invitare altre persone
a collaborare con noi a realizzare nuove elaborazioni. È evidente, per altro,
che il passaggio dall’uso di un ambiente residente sul nostro computer a
un’applicazione residente in rete propone un modello completamente nuovo, che
può rivelarsi per certi aspetti “eversivo” delle rappresentazioni mentali a cui
siamo adusi e di conseguenza va messo in conto che possa essere parzialmente
disorientante.
Documentazione 2.0
Gli esempi
di “applicazioni di rete” citate nel paragrafo precedente ci portano per altro verso
i sempre più diffusi siti e risorse dove è possibile collocare e condividere contenuti culturali autoprodotti, secondo
il paradigma del Web 2.0[4].
Tra questi si collocano anche luoghi dove pubblicare le proprie diapositive,
che in questo caso vengono automaticamente convertite in una sequenza animata,
corredata da una pulsantiera su cui l’utente potrà agire scorrendo i materiali
secondo le sue esigenze e i suoi ritmi. Tali animazioni saranno fruibili
direttamente dal sito-deposito (basterà disporre del relativo indirizzo) e/o in
pagine da noi realizzate, dove sarà sufficiente incollare il codice prodotto al termine dell’operazione di
conversione, sempre con procedure automatiche, che sollevano l’autore delle
slide da ogni complicazione tecnica.
In questo
secondo caso le nostre diapositive originarie diventeranno un oggetto
incorporato (embedded, in gergo)
nelle nostre pagine: quando queste verranno caricate si vedrà la prima diapositiva
e agendo sulla pulsantiera si potrà fruire del seguito della sequenza – questa
soluzione è stata ultimamente resa possibile anche al termine della produzione
di una serie di diapositive su Google documenti
ed è molto utile per chi voglia documentare iniziative culturali sul proprio
sito personale, su quello della propria scuola o della propria associazione,
soprattutto perché i siti-deposito si vanno via perfezionando e aggiungono
nuove opportunità comunicative. Alcuni di essi, addirittura, al momento della
conversione non realizzano soltanto l’animazione, ma anche altri formati di
file, adatti ad essere scaricati sul proprio computer dalle persone interessate
semplicemente cliccando sull’apposita zona della pulsantiera.
Per
utilizzare questi strumenti dobbiamo seguire una procedura standard, di facile
comprensione anche per chi, come me, conosce in modo molto superficiale
l’inglese: ci dobbiamo iscrivere (Sign)
al servizio, indicando un nome utente e una password; successivamente potremo
entrare (Login) e collocare (Upload) sui computer remoti (Server) i nostri materiali; ogni volta
dovremo compilare una scheda, che ci chiederà tra le altre cose di assegnare un
titolo e una descrizione ai nostri materiali e di indicare il tipo di licenza
che intendiamo associare alla nostra elaborazione intellettuale e i Tag
(parole chiave di riferimento per le ricerche di altri utenti).
Documentazione audio-video
Nell’ambito
del web 2.0 si collocano anche siti dove è possibile collocare file contenenti
video e audio, come i “famigerati” Google
video e Youtube. Se un intervento
del tipo di quelli di cui ci stiamo occupando viene filmato, pertanto, è
possibile collocarlo in rete e renderlo disponibile con le medesime modalità
appena descritte per le slide – o fornendo l’indirizzo o incorporando il codice
in una propria pagina web. È da notare che il
concetto di video di un intervento di formazione o in un convegno si può
estendere alla sincronizzazione delle slide utilizzate con l’audio della
presentazione, se registrato in presa diretta con una qualità accettabile
in formato digitale: per realizzare questa operazione sono sufficienti i
software di elaborazione di filmati forniti insieme al sistema operativo,
Windows o MacOSX che sia. Anche questi materiali saranno collocabili su di un
server remoto e potranno essere resi disponibili nello stesso modo dei filmati
più tradizionali. La differenza fondamentale delle documentazioni-video
rispetto a quelle illustrate nei paragrafi precedenti è il fatto che esse potranno essere utili anche a coloro che
non siano stati presenti all’evento originario, perché ne riproducono tutti i
contenuti.
Concludiamo
parlando di podcast, ovvero di
depositi di file audio. Se l’audio di un dibattito, di una tavola rotonda o di
un’ intervista viene registrato in formato digitale, è molto semplice organizzare
la riproduzione degli interventi appunto in un podcast, una sorta di emittente
radio permanente. La condizione è che le comunicazioni originarie abbiano le
caratteristiche di spontaneità e naturalezza del parlato richiamate all’inizio dell’articolo
in modo da essere sostenibili anche dall’uditorio virtuale.
Su Internet per approfondire
Google Documenti - comprende Google Presentation |
|
Ulteo online Desktop – condividere OpenOffice.org in
rete |
http://www.ulteo.com/home/it/ooo |
Microsoft Office Live Workspace – uno spazio per condividere file |
http://workspace.officelive.com/ |
Slideshare -
condivisione di slide |
http://www.slideshare.net/ |
Scribd – condivisione evoluta di slide |
|
Google video |
|
You Tube |
|
Slide e audio sincronizzate di una
lezione sulle rappresentazioni grafiche della conoscenza |
http://video.google.it/videoplay?docid=1571506976234393358&hl=it |
Complessità di un mestiere
importante – registrazione video |
http://video.google.it/videoplay?docid=-7273339654303309577&hl=it |
Dell’insegnare e dell’apprendere –
podcast |
|
Scuola, informazione, Democrazia,
dibattito del CIDI Torino - podcast |
http://cittadinanzadigitale.mypodcast.com/index.html |
Per semplificare l’accesso alle pagine raccolte in tabella abbiamo prodotto due pagine di reindirizzamento: la lezione sulle rappresentazioni della conoscenza è raggiungibile digitando www.noiosito.it/lezionemappe.htm, mentre la ripresa del dibattito al convegno nazionale del CIDI è richiamata da www.noiosito.it/mestiereimportante.htm.
[1] Cfr. Concetti
presentabili – di Marco Guastavigna, Insegnare, 3/2007
[2] Cfr. Licenze
digitali – di Marco Guastavigna, Insegnare, 7-8/2005
[3] Molti usano Microsoft PowerPoint. È
utile sapere che sia la soluzione del file
unico (formato mht) sia la pagina web
funzionano solo con Internet Explorer, non con gli altri browser e con
sistemi operativi diversi da Windows. Se si sceglie di fare pagine web a
partire da slide conviene passare da OpenOffice Impress, che legge i prodotti
di PowerPoint e produce file molto più leggibili e funzionali.