Gutenberg addio? - di Marco Guastavigna, pubblicato su Insegnare, 4/2008

Il mondo della scuola, posto di fronte all’eventualità di essere chiamato tra qualche tempo ad adottare libri di testo su supporto digitale, ha visto alcune prime reazioni, in genere – non può essere taciuto –  molto ingenue. Gli amanti di tutto ciò che è tecnologico (gli “integrati”) hanno infatti risposto con entusiasmo, in nome di una generica prospettiva di innovazione “a prescindere”, mentre gli “apocalittici” (coloro che sono contrari alle tecnologie elettroniche) hanno immediatamente demonizzato anche soltanto  l’idea, in nome di una irrinunciabilità apodittica e intrinseca del libro stampato su supporto cartaceo –nel seguito dell’articolo spero di dimostrare che questa espressione non è frutto di pedanteria. In ambedue i casi siamo di fronte a valutazioni poco utili per capire  davvero il problema e per affrontare produttivamente la situazione, qualora davvero si presentasse. Una variante particolarmente superficiale del rifiuto aprioristico è stata l’opinione di chi – nell’affrettato sforzo di attribuire in modo assoluto agli strumenti le intenzioni politico-culturali che assegna alla controparte in modo da rafforzarne la condanna – ha sentenziato che introdurre i libri digitali nella scuola è impensabile, perché quest’ultima possiede un numero insufficiente di computer connessi a Internet, senza chiedersi se via sia un’autentica correlazione tra le due cose e testimoniando, anzi, una volta in più la propria impreparazione e incapacità di assumere posizioni significative e di fare proposte sostenibili, dal momento che la recente esperienza sulla controriforma Moratti ci ha insegnato quanto le scelte delle case editrici possano condizionare la scuola.  In questo numero della rubrica, pertanto, cercherò di  fornire alcune informazioni fondamentali e di condurre un’analisi che comincerà parlando di libri in generale, per arrivare a riflettere sui “libri di testo digitali” in conclusione.

Digitale per la carta

Per capire davvero di che cosa stiamo parlando va innanzitutto definito con chiarezza che cosa si intenda per “libro in formato digitale” e quale sia la dimensione “online” del libro, ovvero in che modo esso possa essere collocato e raggiunto su Internet. A questo proposito è bene non dimenticare che attualmente la gran parte delle pubblicazioni da noi tuttora concepite come “cartacee” (ovvero destinate a usare fogli di carta rilegati[1] come supporto per la distribuzione e per la fruizione) si trova in realtà – in fase di produzione- su supporto digitale. Semplificando: gli autori le scrivono (i digital-divided magari dettandole o facendole trascrivere da un writer di supporto) con un programma di word processing e spesso ne spediscono le diverse versioni come allegati a un messaggio di posta elettronica alla redazione dell’editore – funziona così persino questa rivista. Una volta negoziata e approvata la versione definitiva della pubblicazione, essa passa al percorso di impaginazione, che  interviene sul prodotto grezzo secondo le specifiche previste per il tipo di pubblicazione o per la collana, mediante un particolare software dedicato a questa fase. Il risultato di questo lavoro può essere “stampato” in formato Portable Document Format (PDF), così da simulare sullo schermo del computer l’aspetto che la pubblicazione avrà su carta e rispedito ai diversi agenti della filiera produttiva, in modo che tutti possano fare le loro osservazioni; e così via, fino alla stampa definitiva su carta, di alta qualità, e alla rilegatura. I programmi di word processing e di impaginazione, insomma, sono assolutamente pensati in funzione delle esigenze del supporto cartaceo finale, con buona pace di coloro che, nel sentire parlare di libri su supporto digitale, immediatamente hanno concluso che vi sia un rischio concreto che essi debbano essere subordinati ai codici e agli stili tipici di Internet e si sono di conseguenza allarmati.  Ciò che conta ai fini del nostro ragionamento, è che questa lunga descrizione ci porta a individuare una prima configurazione – almeno potenziale - di “libro digitale”, ossia la possibilità per il lettore di acquisire su supporto elettronico il file contenente il prodotto destinato alla stampa su carta, anziché la pubblicazione cartacea, magari nel formato PDF appena citato. Starà al lettore stesso decidere se stampare, quanto stampare, quale qualità di stampa, di carta, di legatura[2]  scegliere. Questa soluzione è evidentemente molto difficoltosa da far accettare gli editori, ma tecnicamente e operativamente molto semplice. Immaginando quindi  -del tutto in astratto- come rapidamente risolvibile sul piano del diritto e della pratica il complicatissimo e basilare problema  di questa modalità di acquisizione di contenuti, ovvero la riscossione dei diritti d’autore e la compensazione della perdita della rendita dovuta al controllo dei meccanismi di distribuzione, dobbiamo ancora considerare il fatto che lo stesso file potrebbe essere scaricato dal sito dell’editore una volta sola in modo controllato e poi ridistribuito (magari pagando royalties in forma di abbonamento collettivo) a più utenti, ciascuno dei quali farà le sue scelte personali su come utilizzare quanto ricevuto. Analogamente, lo stesso file potrebbe essere stampato – in tutto o in parte – più volte; anche in questo caso il problema da risolvere resterebbe ovviamente la garanzia del copyright. Non vi è però alcuna correlazione – né a scuola né altrove - tra numero di computer connessi a Internet o meno e fruizione di questa tipologia di “libro digitale”, che si connota anzi come la più credibile. Si tratta piuttosto di realizzare un patto politico-culturale tra produttori e lettori trasparente, volto a garantire la qualità e la completezza dei contenuti e ad evitare di millantare risparmi inesistenti, di creare inutili doppioni, di sprecare materiali e anche di scivolare nell’illegalità e nella violazione, come le inveterate abitudini di molti giovani a proposito della musica “scaricata” fanno temere, a fronte per altro di un mondo adulto disorientato, scandalizzato e però in gran parte inerte di fronte ai nuovi modelli  di consumo culturale.

Altre tipologie digitali

Il paragrafo precedente ha descritto una prima tipologia di pubblicazione digitale, che utilizza il supporto elettronico temporaneamente, nelle fasi di  produzione e di distribuzione, perché si assume che la gran parte del materiale acquisito verrà stampato per essere fruito in modo tradizionale, ovvero sul supporto cartaceo. Qualora invece il lettore decida di non stampare il file o di stamparlo in modo molto parziale, dovrà leggere la pubblicazione in esso contenuta mediante un computer -“fisso”, portatile, ultraportatile- ma anche con un palmare o con un telefonino evoluto. Siamo così arrivati a definire una seconda tipologia di “pubblicazione digitale”, quella che il lettore decide di mantenere su supporto digitale – in misura totale o prevalente - anche in fase di fruizione. È importante chiarire che la scelta è e deve essere del lettore, non dell’editore: sono e devono essere infatti coloro che acquisiscono questo tipo di pubblicazioni digitali a decidere in che modo fruirle; e quindi (sempre in un ipotetico e un po’ utopico modello astratto) quali royalties pagare[3]. La scelta è al momento attuale ovviamente fortemente condizionata da fattori di adattamento importanti, come la familiarità con la lettura sullo schermo e in generale con l’impiego quotidiano delle tecnologie digitali,  ancora purtroppo dipendenti da aspetti e percorsi assolutamente individuali. Prima di passare alla terza possibile tipologia, dobbiamo ora accennare ai vincoli e ai vantaggi della fruizione totale o prevalente su supporto digitale di una pubblicazione prodotta e pensata per la stampa e la rilegatura. Il vantaggio più evidente è la dinamicità.  Da una parte la pubblicazione è per definizione facilmente aggiornabile senza che vi siano sprechi di materiale: basterà che il lettore sostituisca il file meno recente con la nuova versione proposta dall’editore. Dall’altra parte il dispositivo di fruizione consente – a differenza del supporto cartaceo, che da questo punto di vista è inerte – di gestire in modo attivo i rimandi culturali: se nella pubblicazione vi infatti è il rinvio ad un contenuto esterno,  esso può essere richiamato mediante un collegamento ipertestuale, con un semplice click del mouse, sempre che sia a sua volta disponibile in formato digitale e che siano risolti i diri+tti d’autore, che non vanno mai dimenticati; ma questo è un problema di adeguamento dei progetti editoriali[4]. Il vincolo principale è rappresentato dalla riduzione delle pagine a flusso tendenzialmente continuo di schermate: non abbiamo modo di vedere l’insieme della pubblicazione dall’esterno e di sfogliarla, azioni con valenza cognitiva e orientativa essenziale, a cui siamo stati abituati dalla forma cartacea rilegata, che produce oggetti (volumina) distinti, ben individuabili nella loro materialità e dai confini fisici molto netti. Questi vantaggi e questi vincoli fanno evidentemente parte dei criteri che ciascun lettore può adottare per decidere se e in quale forma fruire di una pubblicazione acquisibile in forma digitale così come fino ad ora l’abbiamo descritta in forma astratta; questi stessi vantaggi e vincoli sono però da tempo oggetto di ingegnerizzazione e di implementazioni particolari, che si sono tradotti nel progressivo perfezionamento di dispositivi dedicati in modo specifico ed esclusivo al supporto di libri e di pubblicazioni digitali.

E-book readers

Iliad, un esempio di e-book reader evolutoCon quella a cui è destinato uno specifico dispositivo materiale di immagazzinamento e lettura, chiamato ebook reader (lettore di libri elettronici), intravvediamo un’altra tipologia di pubblicazioni fruibili su supporto digitale, a cui, per semplicità espositiva, riserverò il nome di e-book. Bene, ne sentiamo parlare da anni, per lo più in termini negativi, soprattutto come oggetto che non riesce a decollare sul mercato. Di che  cosa si tratta, in breve? Siamo di fronte a una tecnologia basata sul cosiddetto inchiostro elettronico, che garantisce una leggibilità delle schermate che riproducono le singole pagine della pubblicazione, in particolare dei libri raccolti nella memoria dello strumento, superiore a quella degli strumenti elettronici destinati a usi differenziati. La luminosità è molto attenuata rispetto a ciò a cui ci hanno abituato i monitor “tradizionali” e il contenuto è quindi visibile anche in piena luce solare. Pochi pulsanti e una sorta di barra di scorrimento materiale – non simulata sullo schermo- consentono di percorrere avanti e indietro le pagine e in qualche misura di sfogliarle. Il dispositivo è spesso fornito anche di uno “spazio quaderno”, nel quale scrivere a mano appunti, ma anche veri e propri testi con  un pennino digitale. Un’altra particolarità è una durata molto lunga delle pile. Alcuni e-book sono direttamente connettibili a Internet; altri devono essere invece collegati a un computer per acquisire i libri. Molti sono in grado di scambiare direttamente file tra loro. La gran parte di questi strumenti visualizza e rende ragionevolmente leggibile “tutto ciò che un PC può stampare” e le aziende che li distribuiscono forniscono direttamente e/o attraverso accordi con case editrici le pubblicazioni da immagazzinare. Il limite più grosso è il fatto che attualmente sono davvero leggibili soltanto contenuti in “bianco e nero”, a fronte di un prezzo ancora davvero elevato del dispositivo, che si connota quindi tuttora come elemento di nicchia. Dal nostro punto di vista, l’aspetto più interessante di questi strumenti è il tentativo -di difficile realizzazione e quindi da considerare soprattutto come riconoscimento dell’esistenza del problema- di conciliare abitudini acquisite e possibilità virtuali di lettura (lo schermo si sviluppa in verticale e i rimandi ipertestuali sono gestiti in modo attivo, per esempio). Il modello di riferimento non è quindi la contrapposizione tra (presunti) diversi paradigmi di lettura e fruizione culturale, ma piuttosto l’integrazione tra “vecchio” e “nuovo”. La pubblicazione digitale si connota non come sostituzione assoluta, ma come affiancamento della pubblicazione cartacea,valido ed efficace in alcune condizioni e situazioni.

Il Lettore consolidato

Dal ragionamento su libri elettronici, e-book e lettura virtuale fin qua condotto scaturisce ora una prima, importante, conclusione. Se si abbandonano le visioni ingenuamente ottimistiche e pessimistiche, che disegnano inutili scenari impressionistici, e si analizza in modo più preciso il problema, ci si rende conto che al centro del processo di innovazione e di adattamento non  vi sono oggetti elettronici o cartacei, ma consapevolezza, intenzioni e capacità di scelta del Lettore, dei diversi lettori. Il modello politico, culturale ed editoriale che integra libri digitali e libri cartacei –l’unico sensato e autenticamente democratico, perché non implica alcun tipo di rinuncia – presuppone un Lettore particolarmente competente, che deve avere piena coscienza e pieno controllo non solo delle proprie esigenze di acculturazione, ma anche delle proprie abitudini di lettura, sul piano cognitivo ed ergonomico e che fa compie scientemente le proprie scelte. È un Lettore che ha già letto;  e molto. È un Lettore a cui leggere piace. È un Lettore che sa che la lettura è un’operazione interpretativa e critica. È un Lettore che si è reso conto che la Lettura è utile e necessaria. È un Lettore che ha imparato che non tutto si legge allo stesso modo e con gli stessi obiettivi e risultati, a cominciare dai quotidiani su carta e sul Web. Per esempio,  si rende conto dei vantaggi che gli derivano dal poter immagazzinare sul suo e-book una decina di romanzi –classici o best seller- da portare in vacanza, ma anche del fatto che non può rinunciare alla versione patinata della sua rivista preferita di arredamento, e così via. È un Lettore consolidato, adeguato sul piano culturale, cognitivo, ergonomico alla società della conoscenza globalizzata, che gli dà maggiori opportunità di lettura e gli  richiede competenze più complesse. È evidente che gli studenti devono divenire questo tipo di Lettore, che per loro si configura come obiettivo strategico di un percorso scolastico a sua volta adeguato alla società della conoscenza; è altrettanto evidente che un buon insegnante deve essere questo tipo di Lettore, che si configura come prerequisito per poter operare mediazione culturale ed educativa;  e qui si dovrebbe provvedere in termini di formazione davvero significativa, iniziale e in servizio.

E-book di testo?

E allora, come dovremmo comportarci a fronte della eventuale richiesta di “adozioni digitali”? In primo luogo, dobbiamo arrivarci come Lettori consolidati e quindi non dobbiamo rinunciare a nessuna opportunità di lettura; dobbiamo anzi rivendicare con forza il diritto a fare esperienze di lettura adeguate e significative, che ci consentano in primo luogo di esercitare il nostro senso critico, di capire a quali esigenze risponda ciascuna tipologia di pubblicazione e quali ne siano limiti e vantaggi. In secondo luogo, dobbiamo rifuggire da ogni semplificazione e da ogni unilateralismo, per adottare invece pienamente la prospettiva dell’integrazione di tutte le risorse disponibili per la mediazione culturale[5], capendo in quali situazioni possano essere utili le une o piuttosto le altre. Per quanto riguarda poi più da vicino eventuali libri di testo da utilizzare anche soltanto parzialmente su supporto digitale, il primo requisito è che il passaggio non determini alcuna perdita di qualità e di efficacia, per quanto riguarda scientificità, completezza e sostenibilità della struttura espositiva, attività didattiche, apparati iconografici, rispetto a una -anche solo ipotetica – versione tradizionale, su supporto cartaceo.  Il libro su supporto digitale, inoltre, deve essere agibile almeno secondo i modi consueti: si deve poter sottolineare, mettere in evidenza e così via senza difficoltà.  Insomma, per riassumere con uno slogan quasi scontato: un eventuale “e-book di testo” deve come minimo garantire tutto ciò che offre un “libro di testo” (tradizionale) .  Un “e-book di testo” davvero ben fatto aggiungerebbe poi alle opportunità formative e cognitive tradizionali la dinamicità del supporto digitale descritta sopra: non dimentichiamo però che ci porrebbe per contro di fronte ad un aumento della complessità dei percorsi e delle prestazioni di lettura e di comprensione, non a una loro semplificazione, e che la Scuola in questi nuovi frangenti culturali si deve pertanto pensare più come mai come palestra di acquisizione progressiva e propedeutica delle competenze del Lettore consolidato, senza darle per scontate e senza rinunciarvi.

Su internet per approfondire

La voce di Wikipedia sul PDF

http://it.wikipedia.org/wiki/PDF

Manifesto dell’editore del XXI secolo (traduzione di A. Tombolini) – download del libro digitale in formato PDF; deciderai tu, lettore, se stamparlo o meno

http://www.box.net/shared/q6swwhjc40

E-book e risorse collegate

http://www.simplicissimus.it

http://www.amazon.com/Kindle-Amazons-Wireless-Reading-Device/dp/B000FI73MA/ref=sr_1_1?ie=UTF8&s=electronics&qid=1216813390&sr=8-1

La voce di Wikipedia sull’inchiostro elettronico

http://it.wikipedia.org/wiki/E-ink

Una BarCamp sugli e-book

http://barcamp.org/BookCamp

La voce di Wikipedia sui BarCamp

http://it.wikipedia.org/wiki/BarCamp

 



[1] Come chiarisce in modo illuminante Domenico Scavetta, “Le metamorfosi della scrittura. Dal testo all’ipertesto”, Firenze, La Nuova Italia, 1992, ciò che noi pensiamo come “libro” è in realtà il volumen, implementazione tecnologica di diversi codices (fogli arrotolati), che vengono rilegati in modo da poter essere sfogliati e letti secondo percorsi variabili e non più in modo tendenzialmente sequenziale per via della loro separazione fisica.

[2] Per quanto riguarda l’assetto di ipotetici “fascicoli di testo” così ricavati da usare a scuola, non si dimentichi che già attualmente le scelte di rilegatura degli attuali libri sono spesso di qualità e robustezza assolutamente inadatte rispetto all’ intensivo a cui i medesimi sono sottoposti.

[3] Non ho idea se queste ipotesi astratte troveranno attuazione. Quello che so è che le tecniche attuali consentirebbero una gestione del copyright che preveda una differenziazione tra pubblicazioni stampabile e pubblicazioni destinate a essere fruite solo su supporto digitale. È ovvio che  le scelte che garantiscano tutte le possibilità senza compromettere la qualità dei contenuti devono essere il frutto di istanze non di tipo tecnico, nelle quali va speso l’impegno – fortemente critico, ma adeguato, preparato e consapevole- di coloro che hanno a cuore politiche culturali democratiche e inclusive e che quindi vogliono evitare di cadere in un paralizzato e paralizzante passatismo.

[4] Si veda in proposito S.Lloyd, “Manifesto dell’editore del XXI secolo”, Guaraldi, 2008

[5] A questo proposito, il lettore –consolidato!- avrà fatto probabilmente caso che l’articolo non parla di pagine Web,  di ipertesti, di multimedialità, di learning objects e così via. Assumo infatti che questi strumenti, la cui differenza dal libro è –almeno empiricamente- ormai patrimonio comune, debbano e possano far parte delle risorse culturali ed educative, a patto che siano effettivamente prodotti di qualità e che nessuno  pensi di sostituire con esse il Libro.