7 ottobre 2008, Torino, Sala del Presidente della Regione Piemonte: assisto alla conferenza stampa del progetto “Un pc per ogni studente”, le cui condizioni operative sono state costruite dall’interazione tra il gruppo regionale “Insieme per Bresso” e l’azienda Olidata s.p.a. di Cesena. Due scuole (il primo circolo di Rivoli e la direzione didattica D’Andrade di Pavone Canavese) riceveranno in comodato d’uso un numero di JumPC sufficiente a far sì che tutti gli allievi delle tre classi coinvolte possano utilizzare un computer individualmente, tutti i giorni, a scuola, ma anche a casa. Si tratta rispettivamente di una quinta, che agirà in questo modo per l’intero anno scolastico, e di due terze, che invece lavoreranno per tutto il primo quadrimestre. [L’atmosfera è festosa e entusiasta: il presidente del citato gruppo politico si attribuisce il merito dell’iniziativa; i rappresentanti degli sponsor (oltre a Olidata, sono presenti Microsoft e Intel) intrattengono i presenti sulla volontà delle loro aziende di promuovere l’innovazione nella scuola – questa frase è stata censurata dalla redazione SENZA NEMMENO AVVERTIRMI.] Indubbiamente è un momento importante: corre addirittura la voce che si tratti della prima esperienza del genere in Europa, tanto che il quotidiano torinese “La Stampa” entra nella partnership mettendo a disposizione un blog dove narrare e commentare il progetto. Questa presenza diretta spiega forse il fatto che nei giorni successivi l’iniziativa –pur se richiamata a livello internazionale tra le news del sito della Bbc - avrà uno spazio sui quotidiani nazionali molto inferiore alle aspettative e – tutto sommato - anche alla sua importanza.
Cos’è JumPC?
È un computer pensato per l’uso da parte dei bambini in famiglia. Di dimensioni e costi limitati, con una grande maniglia per facilitarne il trasporto, utilizza un’interfaccia software speciale utile non solo a semplificare con icone e messaggi scritti grandi e accattivanti la gestione delle operazioni, quanto a tutelare i piccoli utenti. Protetto con una password e avviato in automatico all’accensione del computerino, Magic Desktop permette infatti al bambino di utilizzare soltanto i moduli (videoscrittura, disegni, giochi e così via) previsti al suo interno e i programmi autorizzati via via dal genitore o fratello supervisore. Analogamente possono essere controllati l’uso di Internet e della posta elettronica, mediante la preselezione di interlocutori e di siti considerati navigabili. Quest’ultimo accorgimento è tra i più usuali tra quelli del “parental control” e viene gergalmente chiamato “white list”. Quanto descritto fino a ora costituisce la dotazione di base, a cui l’entusiasmo del professor Dario Zucchini ha poi aggiunto numerosi programmi selezionati per il fatto che il loro uso non pretende il pagamento di diritti d’autore (siamo cioè nel campo del software libero), oltre al fatto che sono effettivamente alla portata di bambini di scuola elementare. E quindi ambienti per l’elaborazione delle immagini, per lo studio della geometria e della geografia, per la realizzazione di mappe mentali e concettuali e così via. Nei primi giorni di scuola gli studenti dell’ITIS Majorana di Grugliasco – dove Zucchini insegna informatica – hanno preparato i JumPC, testandoli e attrezzandoli con i software con e il collegamento wireless a Internet, allo scopo di sollevare gli insegnanti della scuola elementare dai problemi relativi ai collaudi e alle installazioni e, più in generale, di manutenzione.
Gli pseudo - sensi del progetto
È interessante scorrere i comunicati stampa aziendali, i titoli e gli incipit degli articoli usciti sul progetto, le discussioni che si sono scatenate su alcuni forum. C’è chi accosta il computer alla merendina; chi fa riferimento al superamento del libro di testo, chi alla fine del quaderno; chi immagina bambini che fanno un riassunto con il computer; chi maledice l’iniziativa perché i JumPC non usano Linux ma Windows; chi loda l’usabilità del computer per bambini e contemporaneamente e contraddittoriamente parla di “alfabetizzazione informatica”. E via discorrendo su un piano di assoluta superficialità: scenari per lo più sensazionalistici, dipinti a tinte forti per catturare l’attenzione del pubblico o rinfocolare le polemiche (e le invidie) che tradizionalmente accompagnano ogni introduzione di strumenti digitali nella didattica. Qualcuno coglie il valore aggiunto della “white list” di 800 siti affidabili, non presente nella versione commercializzata di JumPC e realizzata per l’occasione dalla collega Paola Limone (maestra di Rivoli che lavorerà tutto l’anno con la sua Quinta A) a sintesi di anni di lavoro sul problema della “navigazione sicura”, ma nessuno sembra cogliere completamente il senso vero del progetto, le autentiche ragioni della sua rarità, se non unicità.
Il vero senso del progetto
Ciò che differenzia la prospettiva di “Un pc per ogni studente” dalla gran parte dei percorsi realizzati con i computer nelle scuole ormai da circa vent'anni è la possibilità - è bene sottolinearlo con chiarezza - di rendere davvero (e finalmente!) le tecnologie digitali di comunicazione un elemento cruciale per il progresso e la facilitazione degli apprendimenti. Ogni allievo avrà il suo pc portatile e sarà guidato ed invitato (certamente dagli insegnanti, magari anche dai genitori) ad usarlo nelle attività didattiche quotidiane, anche - se non soprattutto - in quelle che avrebbe svolto comunque, nei campi di conoscenza che avrebbe esplorato in ogni caso. Questa scelta non dipende soltanto dall'esigenza di venire incontro alla giusta richiesta dei genitori interessati, a cui deve essere garantita la piena congruenza con gli obiettivi e le finalità "tipici" delle classi coinvolte, ma anche dalla necessità di comprendere quali siano gli autentici vantaggi che l'uso delle tecnologie digitali attuali può avere sul piano formativo in una situazione come quella delineata dalla presenza in ogni zainetto, e quindi su ciascun banco e ogni tavolino domestico, di un computer con una dotazione di software davvero soddisfacente sul piano delle opportunità di lavoro. La sfida è, insomma, dare concretezza ("quotidianità", appunto) ad una serie di previsioni di carattere generale. Bambini ed insegnanti avranno il mondo - protetto e tutelato - dell'informazione e della ricerca sulla porta della scuola; potranno sfruttare nei processi di elaborazione la flessibilità del supporto e degli ambienti di lavoro; sfrutteranno una banda di canali comunicativi più ampia di quella tradizionalmente fruibile a scuola, grazie alla dimensione multimediale e ipertestuale ormai insita nel "linguaggio" del computer. I più "grandi " potranno anche comprendere e valorizzare il fatto che alcuni ambienti software si configurano come luoghi di modellizzazione (e perciò di facilitazione) di processi cognitivi complessi - è il caso dei citati programmi per fare mappe concettuali e mappe mentali rigorose. Le maestre di Rivoli sono perfettamente consapevoli dell’importanza della loro sperimentazione, tanto che hanno preparato un progetto didattico molto analitico, con attenti e precisi riferimenti alle attività didattiche implicate, il cui indirizzo è riportato nella tabella che correda l’articolo.
Alcuni interrogativi
Durante la conferenza stampa il dirigente scolastico dell’ITIS Majorana, prof. De Rosa, ha messo giustamente l’accento sul fatto che progetti come quello che stiamo descrivendo richiedono professionalità particolari e ha rivolto un appello perché si lavori nella direzione di una loro diffusione, prerequisito indispensabile a che il progetto possa replicarsi e estendersi in altre unità scolastiche, qualora i suoi risultati dimostrino che l’uso del computer è davvero vantaggioso, considerato che alla prova dei fatti vi possono essere campi di conoscenza in cui e soggetti per cui il carico cognitivo implicato dall’uso delle tecnologie si rivela invece eccessivo e controproducente – elemento che, se accertato, avrebbe a sua volta di grande interesse. In questa chiave, vanno messe in previsione anche altre possibili criticità. Chi ipotizza un passaggio immediato dal riassunto cartaceo a quello digitale, non si è mai chiesto quanto tempo sarà necessario perché i bambini acquisiscano un'autonomia e una velocità d'uso della tastiera tali da consentire loro di scrivere i loro pensieri senza penalizzarli. Abituati dall'esperienza didattica tradizionale a produrre mediante matite, penne, gomme e fogli di carta oggetti dotati di piena materialità e per ciò stesso separati tra loro in modo molto netto e facilmente distinguibili gli uni dagli altri, gli alunni delle tre classi della sperimentazione si troveranno di fronte a un "oggetto unico e totalizzante". Come si comporterà il primo bambino che perderà tutto il lavoro perché si sarà dimenticato di salvarlo? Più in generale, come reagiranno gli scolari nel misurarsi con il computer come sommatoria virtuale dei materiali scolastici? Può essere - anzi, me lo auguro - che si tratti di preoccupazioni eccessive; in ogni caso dovranno essere prodotte ipotesi didattiche molto attente che indichino in modo analitico con precisione e cautela quali sono i valori aggiunti presunti e i risultati attesi. E dovrà essere condotto un monitoraggio costante e ben documentato a cui questa rubrica presterà la dovuta attenzione.
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