L’anno della LIM? Il punto di vista del formatore - di Marco Guastavigna, pubblicato su Insegnare 6/2009
Proprio mentre scrivo si sta avviando un’ulteriore fase della campagna ministeriale per la diffusione delle lavagne interattive multimediali nelle scuole italiane; ora possono farne richiesta le scuole primarie e secondarie di secondo grado, mentre la secondaria di primo grado è già interessata dalla formazione metodologica organizzata dall’ANSAS[1]. Lo apprendo per via istituzionale, attraverso le relative circolari, ma anche perché nella mia casella di posta elettronica sono già arrivate le prime proposte di acquisto da parte di chi fiuta il nuovo business digitale e si prepara a sfruttare la sostanziale impreparazione tecnico-logistica di molte scuole[2].
Per quanto mi riguarda sono già direttamente coinvolto dal processo. Il Nucleo territoriale piemontese dell’ANSAS ha bandito – come nelle altre Regioni- una sorta di concorso per reclutare i tutor e i titoli che ho presentato sono stati utili per accedere al novero di coloro che stanno cercando di riflettere con i colleghi della scuola media su quali metodologie impiegare per utilizzare produttivamente questa tecnologia didattica, che è stata fornita alle scuole a patto che venisse installata in aula (e non in laboratorio) e che un intero consiglio di classe fosse coinvolto in una sperimentazione monitorata, relativa a percorsi formativi centrati sui valori operativi e cognitivi aggiunti dalla LIM, almeno potenzialmente. Se sarò stato un bravo tutor, potrò aspirare al ruolo di coach ed accompagnare i colleghi in questa attività.
Patrimonio comunicativo e cognitivo delle lavagne old style
Sono stato formato a mia volta, in un seminario residenziale organizzato dall’ANSAS a primavera, e sono stato colpito da due aspetti particolarmente ingenui. Da una parte l’idea-guida di tutta l’operazione culturale dell’ANSAS, ovvero che una tecnologia pensata – per lo meno a livello di marketing – come strumento per la digitalizzazione della lezione frontale e dei suoi corollari (per esempio l’esecuzione/correzione pubblica di esercizi) venga istituzionalmente[3] descritta come “grimaldello” per l’introduzione di metodiche di insegnamento basate sull’impianto costruttivista. Dall’altra l’ansia di alcuni colleghi di “toccare” l’oggetto, di esercitarsi “praticamente”, quasi che l’autonomia operativa – quando non la velocità di esecuzione – possano sostituire il –lento- ragionamento di “fondazione didattica”. Tracce di questo atteggiamento sono affiorate anche successivamente: alcuni formatori hanno chiesto di svolgere le loro attività solo in scuole che avessero la lavagna e i software presenti nella loro sede di servizio, senza rendersi conto che in realtà l’architettura funzionale e cognitiva dei diversi dispositivi è ricorrente, a prescindere dal marchio commerciale. Mi sono così ritrovato a ri-analizzare le caratteristiche della lavagna di ardesia, la tecnologia didattica tuttora più diffusa e usata – insieme a libri, quaderni, cancelleria varia e emissioni vocali– nelle classi della scuola della nostra Repubblica. E così ne ho compreso e ri-apprezzato l’essere strumento di comunicazione uno-a-molti, a costo relativamente basso, con efficacia vincolata alla compresenza in un unico ambiente di numerosi soggetti, disponibili a un percorso di apprendimento unico, ritmato da tempi e attività uguali per tutti. La lavagna di ardesia è insomma la rappresentazione fisica di una visione nazional-popolare, risorgimentale. della scolarizzazione di massa. Da un punto di vista strettamente cognitivo essa assume il ruolo di tecnologia della mediazione pubblica: l’insegnante mette in evidenza, appunta, schematizza, esemplifica, riassume - anche con poche parole; lo scolaro corregge, svolge per la prima volta, riproduce sul quaderno e così via. Il gesso si cancella rapidamente, in modo da poter procedere con altri passaggi, con altri insegnamenti, con altre materie. Insomma, la lavagna di ardesia è finalizzata a una comunicazione (didattica) fortemente contestualizzata, per definizione effimera, salvo che ogni contenuto venga “copiato” su supporto cartaceo. La riflessione sulla lavagna di ardesia mi ha spontaneamente portato a riflettere su altre tecnologie della comunicazione frontale che hanno avuto scarsa fortuna nella aule propriamente scolastiche, se non in occasione di qualche aggiornamento del personale. Sto parlando della lavagna a fogli mobili e di quella “luminosa”; capaci la prima di aggiungere all’estemporaneità, alla contestualizzazione delle superfici cancellabili, archiviabilità e riutilizzabilità dei materiali prodotti; la seconda di utilizzare contenuti pre-strutturati, per altro adattabili alle diverse situazioni mediante interventi di commento in voce.
Patrimonio comunicativo e cognitivo della LIM
La lavagna interattiva multimediale non ripudia nessuna delle caratteristiche delle sue progenitrici: usandola anche solo per tempi brevi, si comprende rapidamente che ne fa invece tesoro e che le ripropone, facendo proprie ed ampliando anche le funzionalità grafico-visive della lavagna a pennarello colorato, tecnologia della comunicazione didattica di per sé scarsamente diffusa nelle scuole. Estemporaneità e contestualizzabilità sono assolutamente esaltate dalle caratteristiche del supporto digitale e dalla conseguente facilità di manipolazione delle informazioni, nonché dalla dimensione multimediale, in particolare dalla possibilità di usare immagini e filmati, per di più agendo su di essi con appunti, evidenziazioni e così via. È possibile disporre contemporaneamente di più schermate distinte; tutto ciò che avremo realizzato potrà essere archiviato e quindi riutilizzato, ripreso, perfezionato, riprodotto in più versioni ed esemplari e magari condiviso tra diversi autori e fruitori. La lavagna in sé non è in realtà altro che una grande superficie di proiezione, che riceve il segnale di un proiettore e su cui è possibile agire direttamente, con le dita (come su molti telefoni mobili, ma anche sui bancomat o sui totem informativi) o con appositi dispositivi (sul modello dello stilo usato da molti computer palmari). Per funzionare il tutto deve essere collegato a un computer ed attraverso di esso deve essere possibile accedere ad Internet, in modo che l’utente possa visualizzare ed utilizzare sulla lavagna documenti e ogni altra risorsa digitale, scaricandoli dalla rete e/o attivandoli da una pennetta USB, da un DVD e così via. La lavagna digitale veicola, insomma, l’immagine di una scuola globalizzata.
In questa descrizione di massima delle possibili attività, non possiamo non riferirci agli aspetti ergonomici: davanti alla lavagna saremo in piedi e l’estensione del nostro braccio, per quanto lunga, ci collocherà abbastanza a ridosso della superficie. Sarà consigliabile pertanto compiere le azioni più complesse e impegnative – per esempio la scrittura di un testo o la realizzazione di una mappa concettuale- con il mouse e con la tastiera del computer, magari guardando il monitor, sul quale si ha un controllo visivo completo.
Attività interattive multimediali
Più in generale, lavagna, proiettore e computer devono essere concepiti come sistema integrato non solo dal punto di vista dell’interazione e della visualizzazione, ma anche da quello del repertorio di programmi, di ambienti di lavoro e di apprendimento. La “vulgata” del momento sovraespone i software specificamente pensati per la produzione di materiali digitali da usare sulla lavagna. Essi sono installabili anche sui computer di insegnanti e studenti e mettono teoricamente nelle condizioni di realizzare “lezioni”, “ricerche”, “cartelloni” multimediali, insomma, attività molto impegnative, che richiedono tempi di preparazione e fruizione difficilmente compatibili con l’organizzazione della scuola, una volta passati i –comprensibili— entusiasmi iniziali. La mia opinione è che vada piuttosto messo in evidenza il fatto che sulla superficie interattiva della lavagna è utilizzabile tutto ciò che è presente sul computer. Potremo quindi ricorrere, accanto ai programmi per produrre “lezioni” e simili, a cui abbiamo già accennato, ad ambienti per l’esercitazione, ma soprattutto ad ambienti di rappresentazione di processi cognitivi complessi: penso al word processing- inteso come ingegnerizzazione procedurale della scrittura di testi – al foglio di calcolo, ai software per la rappresentazione grafica delle conoscenze e delle loro relazioni. Sono dell’idea che efficaci lezioni interattive, imperniate sulla realizzazione collettiva di scalette, di mappe, intese come prodromi di successive attività individuali su supporto tradizionale stimolate dallo startup attuato sulla lavagna multimediale, possano essere attività innovative effettivamente sostenibili. Così come la possibilità di avere Internet in classe, ovvero il mondo sulla porta di scuola, inteso anche soltanto come dizionario visuale potenziale. È bene quindi che le scuole che riceveranno le lavagne ministeriali si organizzino non solo per installarle nel modo più razionale ed efficace possibile, evitando di acquistare sottoprodotti offerti a prezzi solo apparentemente convenienti, oppure di farsi attirare da dotazioni di software –tipicamente learning objects – offerte in realtà a scatola accuratamente chiusa, ma anche per comprendere quali possano essere gli ambienti di elaborazione e di apprendimento più utili nei diversi contesti.
Su Internet per approfondire
Lim e Classi 2.0 – dal MIUR |
http://www.pubblica.istruzione.it/ministro/comunicati/2009_miur/110609_bis.shtml |
Bad practices |
http://www.noiosito.it/badpra.htm - reindirizzamento |
Decalogo per l’installazione della LIM |
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Canale tematico dedicato alla LIM da Innovascuola |
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Il progetto Wiidea |
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Dai corsi di formazione |
[1] Vedi http://www.indire.it/scuola-digitale/lavagna/.
[2] Per avere un’idea del problema e per cercare qualche soluzione il lettore può ricorrere alla tabella in calce all’articolo.
[3] Indiscutibile testimonianza di questa prospettiva è il testo “Lim. A scuola con la lavagna interattiva multimediale”, Giunti, 2009, a cura di G. Biondi, distribuito a tutti i selezionati in occasione del seminario di formazione.