Il calcolatore non fa per me
di Marco Guastavigna
[pubblicato in Percorsi 1/1996]
Con l'esplosione di Internet e della multimedialità l'universo della comunicazione e di riflesso quello dell'educazione hanno subito modificazioni tanto profonde che il possesso e la diffusione di competenze tecnologiche, in particolare la competenza nell'uso del Personal Computer, si configurano sempre più come condizione per una autentica e piena cittadinanza. Questo fatto interessa tutti i soggetti sociali, non solo quelli a bassa scolarità, e si propone con particolare urgenza per gli insegnanti, in funzione di un'efficace mediazione formativa. A tale esigenza, che è in primo luogo di democrazia, si oppongono numerosi fattori, non ultimo le resistenze che ancora troppi colleghi mostrano, sulla base di una rappresentazione mentale del PC e in genere della più recente tecnologia fortemente "tecnocentrica". A tutti, ma in ispecie a coloro che pensano e affermano "il calcolatore non fa per me", propongo tre libri sul rapporto tra uomo e tecnologie secondo una prospettiva, il design delle interfacce - progettazione e impostazione del rapporto uomo -macchina, a prima vista lontana da un punto di vista pedagogico-didattico, in realtà di grande interesse perché basata sulla valutazione delle macchine intese come artefatti cognitivi destinati alla comunicazione e all'azione. Il progetto delle interfacce. Oggetti colloquiali e protesi virtuali (a cura di Giovanni Anceschi, Domus Academy edizioni, Milano 1993) ha al centro la questione delle modalità in cui l'uomo entra in rapporto con gli oggetti per usarli in base a scopi: le interfacce, dai criteri con cui un computer visualizza le proprie opzioni sullo schermo, alla disposizione dei tasti di videoregistratori e autoradio, vengono sottoposte ad analisi critica sulla base di due domande: come presentano le loro prestazioni e quale immagine mentale riescono a produrre? Anceschi, docente di Strumenti e tecniche di comunicazione al Politecnico di Milano, raccoglie le risposte di informatici, psicologi, grafici, architetti, per chiarire e migliorare le caratteristiche della "zona, l'ambito, la scena dove hanno luogo le interazioni". Sul bisogno di arrivare alla centralità dell'uomo in tale interazione non ha dubbi Donald A. Norman (Le cose che ci fanno intelligenti, Feltrinelli, Milano, 1995) del Dipartimento di scienza cognitiva dell'Università di San Diego: "La nostra società ha involontariamente assunto un orientamento centrato sulle macchine, che antepone le esigenze della tecnologia a quelle dell'uomo (...) è necessario rovesciare questa prospettiva e trasformarla in un atteggiamento che privilegi invece la persona (...)". L'autore pensa che tale atteggiamento abbia certo aspetti specificamente tecnologici, ma anche motivazioni ed esiti sociali, e quindi esamina da un punto di vista cognitivo i condizionamenti e le ripercussioni che l'impiego della generalità delle tecnologie ha sul pensiero e sulle relazioni umane. Più specificamente della progettazione delle interfacce grafiche per computer si occupa Gui Bonsiepe (Dall'oggetto all'interfaccia, Feltrinelli, Milano, 1995). L'autore è docente presso il corso di laurea in design della Fachhochschule di Colonia e imposta una teoria della comunicazione molto netta, in cui informatica e strumenti ipermediali vengono esplicitamente interpretati e analizzati come tecnologie cognitive. Egli attribuisce al Progetto la connotazione di "caratteristica costitutiva della modernità": non solo "è opportuno basare l'istruzione superiore del futuro, l'università del XXI secolo, sul design come disciplina fondamentale", ma "il design svolgerà una funzione determinante nell'economia del prossimo secolo. Un paese che si prefigga di essere attore e non solo spettatore dovrà fare del design una colonna portante delle sue attività tecnologiche e commerciali". La capacità di progettazione tecnologica è infatti condizione indispensabile perché una società abbia un'identità completa e sia davvero emancipata. La visione generale di Bonsiepe è molto affascinante, comunque non posso non condividere l'opinione che un'interfaccia informatica per essere semplice ed efficace deve "consentire all'utente di farsi un'idea dei contenuti offerti, di navigare all'interno dell'insieme dei dati senza perdere l'orientamento, permettergli di muoversi tra i dati seguendo i propri interessi". In presenza dell'applicazione di principi di questo genere molte delle difficoltà di approccio al Personal Computer sono infatti naturalmente superabili.