25 anni dopo: le tecnologie digitali sono davvero sempre nuove? – Marco Guastavigna intervista Patrizia Vayola[1] . pubblicato su Insegnare 3/2010

La mia prima attivitˆ pubblica sull'uso delle tecnologie  stata l'organizzazione del Convegno CIDI-LEND "Informatica e didattica nella scuola dell'obbligo", a Torino, nel 1986.  Sono passati quasi cinque lustri, ma le tecnologie digitali dell'informazione e della comunicazione continuano ad essere rappresentate come "nuove" sia dall'immaginario di molti insegnanti, sia da molta saggistica.  Per cercare di capire le ragioni di questa situazione, ho intervistato una collega che, come me, ha dedicato gran parte della sua riflessione intellettuale e professionale a queste tematiche.



1. Quali attivitˆ di formazione hai in corso attualmente?

Attualmente mi sto occupando, per lĠAnsas, della formazione allĠutilizzo delle lavagne interattive multimediali. Si tratta di un compito non semplice. Certo occorre scoraggiare le attese messianiche di chi pensa che la tecnologia possa risolvere i sempre pi complessi problemi del rapporto insegnamento-apprendimento dimenticando la riflessione didattica, ma resta essenziale stimolare gli insegnanti che si arroccano su posizioni tradizionaliste sia nel lavoro scolastico sia nel rapporto con le tecnologie e assistere chi, nelle discutibili trasformazioni odierne, si sente sempre pi disorientato.

 

2. Quali sono state le tue prime esperienze?

Il computer  entrato a casa mia a Natale del 1990. Un regalo di mio marito, anche lui insegnante di lettere, che sulle prime mi sconcert˜ molto. ÒMa che ce ne facciamo di un computer noi che siamo due insegnanti di materie umanistiche?Ó gli chiesi. Cominci˜ cos“. Mi ricredetti in breve tempo e – nonostante le difficoltˆ dellĠinterfaccia, allora basata sul MSDOS, che imponeva la memorizzazione di complicate stringhe di programmazione - attraversai rapidamente tutte le fasi della scoperta del mezzo: da quella utilitaristica (salvare e modificare, di volta in volta, i file delle relazioni), a quella di facilitazione (preparare prove leggibili e archiviare dati) per approdare infine a quella che mi accompagna ancora oggi, attraverso tutte le trasformazioni e le innovazioni che intanto si sono susseguite: la riflessione sulla valenza formativa per gli studenti.

 

3. Puoi profilare le tappe di queste trasformazioni dal punto di vista della scuola?

In effetti  stato un ventennio di grandi cambiamenti a partire giˆ da quei primi anni che hanno visto lĠimposizione progressiva del sistema operativo Windows e del pacchetto Office di Microsoft che, grazie allĠinterfaccia visuale, hanno reso pi accessibile lĠutilizzo del computer.

Per la scuola si  trattato di una vera e propria svolta che ha spazzato via le pur feconde discussioni sui linguaggi di programmazione e affermato una concezione del computer pi standardizzata ma alla portata di tutti. Era raro, allora, trovare pc nelle case mentre la scuola, grazie anche a diversi progetti ministeriali, cominci˜ a dotarsi di laboratori computer.

Intanto tra gli insegnanti nascevano le categorie degli apocalittici e degli integrati. I primi avevano un rifiuto assoluto dei nuovi strumenti, considerati corpi estranei con potenziali altamente dequalificanti rispetto alla formazione dei giovani, i secondi aderivano con un entusiasmo che proiettava sulle tecnologie sogni di trasformazione della scuola affidati alla loro pura introduzione nella pratica didattica.

A partire dalla metˆ degli anni Ġ90 fiorisce la grande stagione degli ipertesti, intesi come nuova modalitˆ di costruire/presentare contenuti con una logica non sequenziale e quindi pi adatta a favorire negli studenti lĠapprendimento per scoperta, come fruitori, e la restituzione personale e ragionata di quanto appreso, come produttori.

La formazione degli insegnanti interessati si concentra su questo ma si disperde anche nellĠapprendimento della miriade di software che continuamente appaiono sul mercato senza che, in questo campo, si pervenga ad uno standard condiviso.

Si tratta comunque di un momento di fervore e riflessione che contribuisce a focalizzare lĠattenzione non solo o non pi sul computer come strumento per fare meglio e pi rapidamente operazioni che comunque erano possibili anche su carta ma come modalitˆ di ristrutturazione delle conoscenze secondo modelli reticolari pi flessibili e molto pi ricchi. Poi  arrivato Internet.

 

3. Quali novitˆ ha introdotto l'arrivo di Internet?

Internet inizia la sua diffusione in Italia alla fine del millennio.

I fruitori sono pochi e le connessioni, molto lente, consentono la costruzione di pagine che ospitano quasi solo testo per˜ lĠidea che prodotti realizzati in html possano essere fruiti anche al di lˆ dei confini della classe o del laboratorio fa da volano ad una serie di nuove esperienze creative che si cimentano con una concezione dellĠipertesto meno complessa, dal punto di vista strutturale, ma aperta al web e quindi potenziale nodo di una rete infinita di rimandi e di raccordi tra contenuti pubblicati da utenti lontani e sconosciuti ma legati, evidentemente, dagli stessi interessi e dalle stesse ricerche.

Il web per˜, con la sua crescita esponenziale, pone nuovi problemi perchŽ, crollato il principio di autoritˆ e di verifica scientifica delle pubblicazioni di carta, mette in discussione lĠaffidabilitˆ dei contenuti e anche le modalitˆ per una loro fruizione critica. Si apre perci˜ un nuovo campo di riflessione e di formazione didattica che rimane attivo ancora oggi e che anzi pone sempre ulteriori interrogativi man mano che internet, grazie alla contemporanea diffusione della banda larga e del cosiddetto web 2.0, assume caratteristiche di maggiore interattivitˆ e dinamicitˆ.

La situazione attuale non  molto diversa: di fatto la stragrande maggioranza dei docenti e degli studenti utilizzano il web per uso personale ma incredibilmente esso rimane tagliato fuori dalle attivitˆ scolastiche e costituisce una sorta di mondo parallelo della comunicazione e anche della formazione che per˜ la scuola non tesaurizza e non sottopone a critica e a vaglio.

Credo che questo sia uno dei nodi problematici che dobbiamo assolutamente affrontare per il futuro se non vogliamo che lo scollamento della scuola dallĠuniverso culturale degli studenti raggiunga un punto di non ritorno.

   

5. Tu sei e sei stata un punto di riferimento delle attivitˆ di formazione condotte da Indire. Che ci puoi dire a riguardo?

Il modello di formazione Indire si  modificato nel corso degli anni e ha fatto tesoro dellĠesperienza e anche del dibattito sullĠe-learning di questi ultimi anni.

Il primo modello, a partire dalla formazione neo-assunti del 2001 e fino al 2006,  stato centrato sulla distribuzione di contenuti, appena mitigata dalla presenza di forum di discussione tematici e accompagnata da un pacchetto di ore da svolgere in presenza col solo intento di facilitare lĠapproccio con la piattaforma, sotto il coordinamento di tutor.

I corsisti potevano anche fruire di una classe virtuale molto scarna per approfondire le discussioni iniziate negli incontri in presenza.

Sulle nuove tecnologie, nel 2002-2003, si apre il Fortic, che coinvolgerˆ ben 180.000 insegnanti, con percorsi  differenziati che vanno dallĠalfabetizzazione informatica (Fortic A), alla riflessione didattica sullĠuso delle TIC (Fortic B) allĠapprofondimento sulla gestione delle reti (Fortic C).

In realtˆ questa partizione ha nel complesso risultati negativi sulla percezione delle nuove tecnologie, facendo passare lĠidea che sia necessario un lungo e faticoso apprendistato, impostato sulla logica dellĠECDL, per potersi avvicinare alla riflessione didattica, e complicando cos“ la sensazione di estraneitˆ del mondo della scuola rispetto al loro uso. Per quanto riguarda il modello di formazione, lĠattestato di partecipazione  subordinato ora alla realizzazione di attivitˆ da inserire sulla piattaforma, ma senza una verifica effettiva della qualitˆ del prodotto che il tutor non  tenuto a valutare.

Le successive formazioni – agevolate nella possibilitˆ di fornire materiali sempre pi dinamici dalla progressiva diffusione della banda larga - di fatto ricalcano questo modello, compreso il nuovo Fortic (2006-2008), centrato, questa volta, sugli utilizzi didattici delle tecnologie e dotato di una offerta formativa tanto ricca da risultare poi addirittura dispersiva, ma con lĠevidente pregio di abbandonare la logica addestrativa per avvicinare i docenti alla riflessione didattica.

Nel 2006, con Apprendere Digitale, si profila un modello nuovo di formazione molto simile allĠattuale. I tutor diventano finalmente esperti disciplinari e i corsisti vengono reclutati dal dirigente scolastico che, a fronte di vantaggi per la scuola (che, di volta in volta saranno computer, lavagne ecc), individua un gruppo di insegnanti che si assumono, a titolo totalmente gratuito, lĠonere di partecipare alla formazione.

In quel primo progetto il tema intorno a cui ruota la riflessione sono il Learning Object, intesi come oggetti autosufficienti in grado di permettere lĠacquisizione di specifiche competenze. Un modello che sarˆ messo in discussione dal successivo Digiscuola che pure, ancora in parte, seguirˆ il miraggio dei LO proponendo, parallelamente alla formazione, un mercato digitale curato da diverse case editrici che dimostrerˆ poi palesemente il basso profilo didattico degli oggetti digitali chiusi.

La classe virtuale intanto diventa un vero ambiente di comunicazione e di scambio potendo contare anche su uno strumento (il Breeze della Adobe) che consente la comunicazione sincrona in audio-video e la condivisione, in uno spazio virtuale comune, di materiali risiedenti sul pc di ciascuno dei partecipanti.

Nonostante le difficoltˆ determinate da problemi tecnici, il sistema regge e si perfeziona anche se continua ad incontrare molte resistenze allĠuso da parte degli insegnanti meno competenti sul piano tecnologico.

Il modello appena descritto viene poi adottato nelle ultime tornate di formazione su grandi numeri: Poseidon, Digiscuola, e nellĠattuale Formazione LIM che per˜ modificano la funzione del tutor che diventa anche coach nel senso che, oltre a fare da mediatore tra i contenuti della piattaforma e il corsista, lo affianca anche nella progettazione di attivitˆ didattiche assistendolo sul piano metodologico e tecnologico.

 

6. Dovendo tracciare un bilancio e immaginare sviluppi futuri, cosa proporresti?

 

Se ci riferiamo allĠesperienza Indire, direi che lĠevoluzione del modello  stata sicuramente positiva, nel senso che si  spostata sempre pi dallĠerogazione dei contenuti alla costruzione collaborativa di conoscenze.

Credo per˜ che andrebbero ripensati alcuni nodi problematici, sia per quanto riguarda la selezione degli insegnanti sia per quanto riguarda le tematiche e le modalitˆ di erogazione.

Riguardo a queste ultime, ritengo che si dovrebbe sempre pi partire dai bisogni di unĠutenza che, come si diceva, ormai pratica le nuove tecnologie ma non riesce ad integrare lĠuso privato con quello didattico, evitando magari piattaforme e offerte formative faraoniche ed utilizzando piuttosto gli strumenti che il web 2.0 mette a disposizione.

Per quanto riguarda la scelta dei docenti da formare, penso debba essere svincolata dallĠintervento dei dirigenti e lasciata alla motivazione individuale ma soprattutto che debba avere un riconoscimento, sul piano economico e culturale, che dia agli insegnanti il senso che il loro impegno verso il cambiamento  socialmente apprezzato e riconosciuto.

 

 

 



[1] Patrizia Vayola  insegnante di lettere alle superori e da molto tempo si occupa di formazione degli insegnanti all'uso didattico delle TIC. Autrice di diverse pubblicazioni, digitali e non sullĠargomento, e collaboratrice dellĠAnsas e gestisce, da un decennio, il sito Bibliolab (http://www.bibliolab.it ). Per insegnare ha scritto Le Tic servono per fare storia a scuola?, in Insegnare, numero 11-12 / 2004