Si scrive flessibilità, si legge indeterminatezza (pubblicato su Insegnare 6/2005)
– di Marco Guastavigna
“Nel
mondo della scuola, anche in considerazione dell'avvio della riforma, continua
ad essere presente una richiesta di ulteriori interventi formativi nell'area
delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Questa direzione sta
lavorando alla messa a punto di un piano di intervento teso a dare risposta a
tale esigenza, capace di garantire continuità all'azione formativa già avviata
con il piano ForTic e che, sulla scorta dell'esperienza maturata, ne
costituisca uno sviluppo coerente.
L'idea è quella di consentire la realizzazione di momenti formativi in modalità
blended (momenti di formazione in presenza integrati con attività e materiali
disponibili in rete), analoghi a quelli realizzati con il piano ForTic. Il
progetto prevede la messa a disposizione dei materiali didattici realizzati,
dei servizi di gestione delle iscrizioni, e delle attività in rete con risorse
nazionali, lasciando che siano i soggetti interessati: USR, scuole, reti di
scuole, a trovare i modi più opportuni per garantire la formazione in
presenza.”. La citazione proviene da una comunicazione del 22 febbraio 2005 del
MIUR e –oltre alla capziosa affermazione della rispondenza della “riforma” alle
potenzialità ed alle esigenze culturali ed operative dell’impiego delle TIC a
scuola, sulla quale la nostra opposizione resta assoluta e netta- presenta altri
aspetti che danno adito ad ampie perplessità. Non è previsto alcun finanziamento
delle iniziative, tutto è a carico dei “soggetti interessati”. Accanto a questo
fatto, che fa pensare che l’annuncio possa restare del tutto fine a se stesso,
balza agli occhi la crescente indeterminatezza organizzativa, ormai divenuta
una costante. Come già nel Piano nazione di formazione alle competenze
informatiche e tecnologiche degli insegnanti[1]
recentemente sviluppato (ForTic), infatti, non si prefigura un soggetto
istituzionale a cui venga assegnata l’effettiva responsabilità dei criteri di selezione
dei partecipanti[2]
e dei formatori da una parte, della definizione dei percorsi e delle relative certificazioni
dall’altra. Del resto sono proprio tale indeterminatezza e la conseguente
deresponsabilizzazione, accanto ad una ingiustificabile assenza di
iniziativa sindacale su tutto ciò che riguarda le tecnologie nella scuola, a
consentire al MIUR di riproporre un’iniziativa analoga a ForTic, senza che in
molte realtà scolastiche sia per nulla chiaro quale sia stato il destino dei
finanziamenti destinati a pagare, una tantum, le funzioni di counseling
sull’uso didattico dalle tecnologie istituite dalla C.M. 55/2002[3]
per coloro che abbiano frequentato i corsi di tipo B o come sia possibile
pagare coloro che esercitano ruoli organizzative e gestionali avendo seguito i corsi
di tipo C, alcuni dei quali mentre scriviamo non hanno ancora nemmeno ricevuto
le attestazioni di frequenza! Soprattutto, poi, vengono descritte, con
ottimismo quasi fideistico, le caratteristiche tecniche e formali del
meccanismo di raccolta e ridistribuzione dei contenuti formativi, che non fanno
prevedere nulla di più che una riproposizione del modello precedentemente
utilizzato. La comunicazione recita infatti poco più avanti: “Per quel che
riguarda le attività e i contenuti formativi si ipotizza una fusione dei
percorsi A e B, previsti dal piano ForTic, in un solo percorso costruito
attraverso l'unione dei due set di moduli, dando così vita ad un paniere di
17-18 moduli tra i quali scuole e corsisti potrebbero scegliere in maniera
flessibile, sulla base delle loro esigenze. Le scuole potrebbero così definire
percorsi specifici organizzati su set di moduli, o anche mettere in atto
attività formative che rispondano solo a particolari esigenze di formazione o
di approfondimento concentrate su pochi temi. Il percorso C rimarrebbe
inalterato prevedendo comunque forme di flessibilità analoghe”. Insomma, nessun
aggiornamento dei contenuti, ma soltanto la possibilità di rimodularli per
costruire percorsi diversi e più variabili di quelli precedenti. Soprattutto, è
completamente assente, se non scoraggiata, ogni volontà di lettura critica dei
percorsi precedenti: nessuno, al MIUR come altrove, sembra voler analizzare
quanto già fatto, per coglierne gli aspetti positivi e per eliminarne e modificarne
quelli negativi. Ogni occasione di discussione pubblica, che avvenga “in
presenza” o si realizzi sulla rete Internet, è anzi caratterizzata da interventi
autocelebrativi ed autopromozionali. Voglio però essere ricorre
all’ottimismo della volontà e pensare che qualcuno vorrà, ovviamente una volta
risolte le questioni relative agli incarichi ed alla loro effettiva
retribuzione, magari con intervento anche delle forze sindacali, assumersi
compiti e responsabilità di coordinamento con un po’ di coraggio
politico-culturale. Dal momento che ho partecipato all’esperienza di ForTic come
autore di materiali, come formatore, come moderatore di forum, e perfino come
corsista, voglio in primo luogo rendere pubbliche e disponibili alcune mie
considerazioni critiche in proposito. Tutta l'impostazione dei materiali formativi
relativi alla formazione sulle tecnologie collocati sulla piattaforma Puntoedu
di Indire ha sofferto del fatto che essi fossero concepiti per un rapporto diretto
tra piattaforma e corsista, pensato per lo più come individuo in
formazione e non come figura professionale in costruzione, con un
preciso interesse al confronto con i colleghi. Si è trattato di un errore strategico,
perché, per lo meno nel caso dei percorsi B e C, i partecipanti ai corsi erano
tali in funzione di una designazione da parte dell’unità scolastica, ed era
loro preciso compito e forte interesse valorizzare la dimensione di confronto e
di collaborazione, anche in momenti successivi al corso, che avrebbe potuto
consentire il lavoro in aula, insieme ad altri colleghi. Questa impostazione
individualistica, apparentemente flessibile, in realtà causa di obiettivi e di percorsi
confusi, con molti corsisti abbandonati a se stessi per quanto riguardava
sintesi ed rielaborazione dei materiali in funzione del proprio contesto
operativo effettivo, ha avuto un’altra inevitabile conseguenza, la scarsa chiarezza
sul ruolo del tutor e su quello dell'aula come istanza collettiva di lavoro “in
presenza”. I tutor (o, secondo una dicitura che sfiora il ridicolo, gli
e-tutor) sono in generale un’espressione abusata, ossessivamente ripetuta e per
altro mai definita con chiarezza in termini funzionali; per quanto riguarda
ForTic poi, in assenza di una definizione precisa di quale dovesse essere nei fatti
il loro ruolo di mediazione e di quali dovessero essere le loro competenze, sono
stati spesso addirittura una negazione nei fatti delle premesse teoriche. In
molti casi il loro ruolo è stato infatti pensato ed esercitato soltanto come strumento
di garanzia tecnica dell’apparato dei materiali e del laboratorio in cui si
svolgeva il corso. Un’impostazione di questo genere non soltanto è riduttiva,
ma tradisce un equivoco di fondo: da una parte si afferma che le TIC hanno uno
straordinario potenziale per l’arricchimento degli apprendimenti, dall’altra si
mette in campo uno stuolo di scriba e di vestali a assicurare il funzionamento
delle attrezzature, di cui si dà così per scontata una limitata usabilità. Salvo
qualche raro caso, inoltre, non vi è stato un reale rapporto tra le attività
dei vari forum previsti sulla piattaforma Puntoedu e quelle in aula. A mio
parere, ciò è dipeso in buona misura dallo scollamento tra i diversi soggetti
coinvolti, ma anche dal fatto che l'insieme dei materiali culturali si è
rivelato, e sempre di più via via che essi venivano pubblicati, frutto di una sommatoria
più o meno casuale. Non avendo riferimenti di discussione precisi e
finalizzati, ed essendo per di più in molti casi stati oggetto di moderazione
poco attenta e rinunciataria, i forum non potevano insomma funzionare se non in
modo ipertrofico e dispersivo. Tornando ai materiali di apprendimento ed analizzandoli
più da vicino, era chiarissima la mancanza di coordinamento tra coloro che avevano
scritto gli elementi essenziali e coloro che avevano realizzato gli
approfondimenti[4].
Abbondavano esposizioni di autori diversi del tutto ripetitive degli stessi concetti,
quando non degli stessi riferimenti bibliografici, magari collocate in moduli
diversi, senza che ciò avesse una ragione precisa o almeno esplicitata in
qualche modo. A volte, non vi era nemmeno congruenza tra le parti espositive e
i “laboratori”[5].
Augurandomi che qualcuno di coloro che si troveranno a partecipare alle nuove esperienze voglia ridare spazio al senso critico, concludo ora l’articolo con una proposta di revisione dei materiali e dell’impostazione del rapporto con i corsisti:
“Interventi formativi nell'area delle tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione” - Prot. 800/2005 della Direzione Generale per i Sistemi Informativi - Ufficio V° del Miur |
http://www.istruzione.it/innovazione/progetti/prot800_05.shtml |
Ambiente di apprendimento online Puntoedu |
|
“Vademecum” del corsista ForTic B: una distillazione dei contenuti più significativi |
|
Un tentativo di sintesi critica dei materiali di Fortic, percorsi A e B |
http://www.farnt.unito.it/tutorb/Sintesi/ |
Mappa concettuale di riflessione sui rapporti tra TIC e insegnamento inteso come mediazione culturale |
[1] Cfr. M. Guastavigna, “Formazione sulle TIC”, Insegnare 2/2003
[2] Cosa ben diversa dalla “gestione delle iscrizioni”.
[3] Ci riferiamo ai 1290 € previsti nelle tabelle allegate alle circolari, dei quali in molte situazioni si sono perse le tracce.
[4] Caratteristica dei materiali di ForTic era infatti questa costante ripartizione in due livelli, la cui ragione e la cui funzione, per altro, non sono mai state chiarite.
[5] Altra caratteristica dei materiali di ForTic avrebbe infatti dovuto essere l’integrazione tra materiali di studio vero e proprio e attività in cui “mettere alla prova” le affermazioni e le implicazioni concettuali.